Il destino di stelle cadenti un romanzo di Emanuele Zanardini
Il destino di stelle cadenti
di Emanuele Zanardini

Una lunga attesa, tanti desideri, si rimane a bocca aperta in quell’istante di luce e stupore, ma poi nessuno si preoccupa del destino di stelle cadenti. 

Il destino di stelle cadenti, un romanzo di Emanuele Zanardini

Inverno

Era stato insolitamente mite quell’anno. Fino a quel giorno.

Al mattino c’era stato un sole tiepido, e sereno, promessa di una giornata luminosa. Nel giro di poche ore, invece, con l’oscurità era arrivato il freddo pungente. E la neve. Come la pellicola che si forma sul latte caldo, i fiocchi disordinati davano consistenza all’aria. L’unico tocco di colore erano gli aloni giallastri dei lampioni. Attorno alle lampade, come gli insetti nelle serate estive, turbinavano i piccoli cristalli gelati.

C’erano molte luci natalizie ancora appese sopra le strade, ai palazzi, alle finestre. Le festività erano state accolte come un esercito liberatore. Il cambio di anno induceva nelle menti pensieri positivi. Portava con sé tutto il corollario di detti riguardanti l’inizio dell’anno nuovo. Chi fa l’amore il primo dell’anno… O riti propiziatori, come indossare biancheria intima rossa. O baciarsi sotto il vischio… e chi lo aveva visto mai, il vischio!

In capo a pochi giorni, dopo che le festività se le era portate via l’ultima, ci si accorse che tutto procedeva secondo il solito copione. Erano state una sorta di isola, nel mare troppo spesso immobile della quotidianità.

I guidatori erano rimasti sorpresi da come velocemente potesse cambiare il tempo.

Un serpentone di automobili, una corda di smog e polveri stretta attorno al collo della città. Gli operai della Protezione Civileimpegnati a pulire i marciapiedi, con il naso all’insù, stimavano i centimetri di neve che stavano per cadere.

Le strade erano pulite. Il traffico scemava gradualmente verso il centro, lento ma ordinato. Viale Giotto era la via d’accesso principale, che tagliava la periferia in due metà speculari. A sinistra si andava verso la collina, vero e proprio feudo dell’élite cittadina. A destra si svoltava per raggiungere la stazione ferroviaria, territorio privilegiato di senzatetto e prostitute. Gli ultimi pendolari del treno della sera, percorrevano i marciapiedi a passo affrettato. Non tanto per il desiderio di arrivare a casa, ma per evitare incontri sgradevoli.

Le case avevano l’insopportabile ordine delle tombe di un cimitero. Costruite in serie negli anni ‘80, avevano seppellito, murato vive emozioni e rabbia. Andando di casa in casa per lavoro rischiava di liberare quegli istinti incontrollabili.

E a farne le spese sarebbe stato lui.

Il destino di stelle cadenti – Milo

Sono stanco.

Del mio lavoro. Di mangiare sempre in fretta. Di target da raggiungere. Del mio lavoro… l’ho già detto?

Vivo qui da solo da quattro anni, dopo la triennale in economia. L’azienda che mi aveva assunto, cercava una risorsa per l’ufficio acquisti. Ho già cambiato diversi lavori da allora, tutti temporanei.

E ora ci risiamo. Per fortuna non ho l’affitto da pagare, l’appartamento è mio.

Da qualche giorno girano voci di un possibile taglio del personale. Nessuno lo dirà apertamente, ma a chi toccherà, se non all’ultimo arrivato? Giulio, il mio tutor in questi primi mesi di lavoro, ha cercato di tranquillizzarmi. Andiamo in giro insieme, sulla sua auto aziendale, mentre a me per ora hanno pagato l’abbonamento per i mezzi pubblici. Un segno? La borsa appoggiata sul pavimento si è bagnata. Dovevo immaginarlo.

Sono già stufo dell’inverno.

I miei geni sudisti si ribellano al clima nordista.

La città sta smaltendo ancora la sbornia festaiola del capodanno. I cartelli pubblicitari che augurano Buon Anno!a tutti sembrano già una vestigia di un glorioso passato. Certo, la neve regala l’illusione di essere ancora nel grembo rassicurante del Natale. Foderato di buone intenzioni. E le cattiverie rimandate a tempi peggiori.

Ho passato le feste a casa dei miei, ma solo perché la ditta ha chiuso una settimana. Non mi sono azzardato a chiedere le ferie.

Stiamo arrivando alla mia fermata, l’ultima prima del capolinea. Dovrò abbandonare il calduccio del sedile, di questo spazio chiuso, che sa di tante cose. Un abile assaggiatore saprebbe dire gli ingredienti che compongono l’atmosfera di quest’autobus. A me è rimasto solo il sapore sgradevole del pranzo in quella tavola calda sotto le mura, dove serve quella cameriera davvero figa. Non mi era mai successo di avanzare qualcosa.

Gratto un pezzetto di vernice rossa dalla scritta di due innamorati. Un cuore trafitto e due iniziali. Chissà chi è l’uno e chi l’altra.

Il bus rallenta, i dischi dei freni stridono. Scommetto che arriveremo alla fermata nello stesso istante di quel pullman della STEU1, che arriva dall’altra parte.

Scommessa presa! Sembra quasi che si siano messi d’accordo.

Il motore sbuffa. Siamo rimasti solo in due, io e uno studente, uno sfigatello occhialuto che se fossi i suoi lo prenderei a schiaffi dal mattino alla sera.

Scendo i gradini ricoperti di gomma anti-scivolo. Appena a terra i fiocchi mi bagnano la testa. Sento un brivido. Il mio corpo ha la memoria del freddo preso inutilmente nel pomeriggio.

L’autobus riparte. Anche il pullman. Nello stesso istante.

Sotto la pensilina blu è rimasta una ragazza. Tra la neve che scende, è una visione quasi confusa. Indossa un paltò rosso scuro e la sciarpa, grigia, le copre il mento. Una ciocca di capelli biondi le ricade sull’occhio sinistro, spunta dalla berretta dello stesso colore del paltò. La borsa tenuta con entrambe le mani, davanti. Le maniche del maglione tra le dita.

È la prima volta che la vedo.

Sembra un’extraterrestreche guarda la sua navicella spaziale volare via.

Il telefono mi vibra in tasca. Un messaggio. Daniele mi ricorda l’appuntamento di stasera.

Perdo qualche istante per rispondere. Schiacciato invio, tiro su la testa. La ragazza venuta dallo spazio non c’è più. Teletrasporto, un classico.

E nel sottobosco delle mie sensazioni, sento un presagio. Non so ancora se e quanto funesto.

1Società Trasporto Extra Urbano

Il destino di stelle cadenti – Cassiopea, detta Cassie

Sono in ritardo sparato!

Dovevo trovarlo proprio io l’aspirante suicida! Per carità, mi dispiace abbia problemi, e anche molto seri per buttarsi sotto un autobus, solo poteva scegliere un altro modo. Senza sconvolgere il mondo intero!

Mi sono scritta un biglietto con le istruzioni per arrivare. Fermata Giotto – parco, ore 19,50.Ho pensato che se le scrivevo sul telefono e poi quello non s’accendeva più? Non si sa mai. Sono negata con la tecnologia.

L’orologio dice che manca ancora un quarto d’ora. Il pazzo non è riuscito a farmi tardare.

Guardo la scritta sul tabellone degli orari. Non è possibile. Fermata Giotto. È la fermata sbagliata!

Ha ragione mamma a dire che non sopravvivrò all’inverno, da sola.

Ci sono ben quattro fermate su viale Giotto. E Giotto – parco è l’ultima e viene dopo Giotto – Teatro comunale e Giotto – stazione.Mi mandano ancora in confusione questi nomi uguali. 

Il tizio dall’altra parte mi guarda fisso. Perché mi fissa così, non sarà qualcuno che ho conosciuto, ma non ricordo chi è… Oddio, adesso viene a salutarmi e faccio una figura di merda.

Stai concentrata! Ora il tuo problema è un altro: quanto distante sarà la fermata Giotto – parco a piedi? Riuscirò ad arrivare in tempo all’appuntamento?

Il tipo dall’altra parte è ancora lì. Lo guardo senza farmi scoprire. È l’unico a cui potrei chiedere un passaggio in auto. Cassie, anche lui era in autobus! E poi, se è davvero uno che non ricordo?

Andrò a piedi, anche se arrivo un po’ in ritardo, il quarto d’ora accademico non si nega a nessuno. No?

Il destino di stelle cadentisegue


Il destino di stelle cadenti, dal 15 febbraio 2019 negli stores online e in libreria

Share This