Da quando ci siamo ritrovati - Anteprima di Il destino di stelle cadenti, un romanzo di Emanuele Zanardini
Il destino di stelle cadenti
di Emanuele Zanardini

Da quando ci siamo ritrovati, Federica non mi ha preso troppo sul serio

Il destino di stelle cadenti, un romanzo di Emanuele Zanardini

Da quando ci siamo ritrovati – Milo

La neve accumulata ai lati occupa solo i posti gratuiti, chissà perché. Per trovarne uno ho dovuto parcheggiare lontano dal locale.

Dopo il prossimo incrocio, nei pressi delle vecchie mura romane, inizia il centro storico e la zona a traffico limitato.

A ogni turno elettorale, i candidati si sfidano sul tema del traffico. Ma pare che a questo problema non si trovi mai soluzione. A me, che non amo guidare, basterebbe avere un trasporto pubblico efficace. Intanto, devo ammettere che la pulizia delle strade è migliorata. L’anno scorso sono bastati dieci centimetri di neve per bloccare la città.

L’orologio digitale di una banca mi indica che sono in anticipo. Ironicamente, sostengo sia l’unico difetto che ho. Ho letto che i ritardatari sono più ottimisti dei puntuali. Per forza! Danno per scontato di non essere mai lasciati a piedi!

Affronto la salita che porta al ponte medievale con rinnovato impegno. Poi mancheranno pochi metri a destinazione: lo studio di Daniele, il nostro insegnante di fotografia. È poco distante dal pub dove passeremo la serata.

Ci deve consegnare i diplomi.

Fede non verrà, l’ha detto subito, ha un altro impegno. Allora perché sono tanto agitato? Sergio, che lavora già come fotografo sportivo, indosserà la solita tuta dell’esercito. Chissà, se avessi fatto anch’io la leva, forse apprezzerei quei cimeli.

Il ponte scavalca un antico corso d’acqua. Adesso è un fossato asciutto, adibito a parco. Non è tanto profondo, ci si accede dai due lati scendendo su vialetti di ghiaia. Ospita varie specie di piante e arbusti, con delle paline che ne descrivono le caratteristiche. A primavera emanano un profumo inebriante.

Da quando ci siamo ritrovati – Cassie

L’auto sembra un forno. Dopo pochi minuti il ricordo del freddo scompare. Apro il paltò e allento la sciarpa. Sono agitata. L’altra è Vanessa, la ragazza che aveva messo l’annuncio di affitto in bacheca, alla facoltà, al quale ho risposto?

– Io sono Greta, – si presenta invece. È castana, i capelli a caschetto. Assomiglia alla cantante Lene Marlin, una che ascoltava Matteo. L’espressione che le danno i denti da coniglietto me la rende subito simpatica.

L’autista si presenta come Saverio. Non parla mentre guida con accortezza. La strada, anche se pulita, è ancora insidiosa.

– Allora, prima stavi raccontando cosa hai combinato.

Mi tiro su le maniche del maglione, che mi finiscono sempre tra le dita.

– Ero così agitata, che ho sbagliato fermata, – dico, nascondendo un leggero imbarazzo. – Mi confondo ancora con tutti questi Giotto.

– E questa da dove arriva? – chiosa Greta, beffarda.

Ha già smesso di essermi simpatica.

Cris si gira indietro. – Lasciala stare, fa sempre così quando la concorrenza femminile aumenta.

Può stare tranquilla, l’ultima cosa che voglio è rimorchiare qualcuno.

Greta le fa una linguaccia, ma non smette di pontificare. – Vedi di svegliarti, carina, sennò questa città ti mangia! Non troveranno nemmeno le tue ossa. – Fa una risata chioccia.

Continuo a non capire. – Se tu sei Greta e lei Cris, chi è Vanessa?

– È mia sorella, – interviene Saverio. – Ha mandato me a prenderti. Lei ci aspetta all’appartamento.

Per un po’ nessuno parla. La carreggiata ampia mi dà l’ebbrezza di avere la strada della mia realizzazione spalancata davanti. Greta inizia a truccarsi; Cris fruga nella borsa che teneva tra le gambe; Saverio lancia una maledizione a un automobilista scorretto.

Arriviamo sotto un palazzo di cinque piani, dopo aver attraversato mezza città. Non conosco il quartiere, fino a ora ho frequentato solo la zona universitaria e i dintorni. Ci sono ancora le luminarie appese.

Le ragazze restano in auto, mentre io e Saverio, che si offre di portare la borsa, ci avviciniamo all’ingresso. Ci accolgono una donna sulla sessantina e una ragazza incinta. La donna non è per niente loquace. Accenna solo al fatto che non sono gradite visite sessuali, dice proprio così. Poi vuole sapere se ho versato le prime tre mensilità dell’affitto. Le assicuro di sì, e sento che è l’unica cosa che le interessi.

La ragazza incinta è Vanessa, finalmente. Ha già una bella pancia.

Saliamo in ascensore al mio alloggio.

– Spero ti piaccia…

– Cassie, – la anticipo.

– Cassie.

– Pensavo che l’appartamento fosse tuo.

– No, io gli faccio solo pubblicità. La signora è un po’ scorbutica, – sorride – e non se la cava molto bene con il marketing.

L’alloggio è composto di poche stanze, ma sufficienti per me. Lascio la borsa accanto al divano. Vanessa mi consegna le chiavi.

– Scendo a salutare le ragazze.

Torniamo in strada. Vanessa si avvia a piedi, abita qui vicino, con i suoi. Dice che un po’ di movimento le farà bene. Cris mi prende sottobraccio.

– Dove andiamo? – Le emozioni di oggi mi bastano e avanzano.

– Un pub in centro. Una meta obbligata per gli universitari. Ci devi venire asssolutisssimamente!

Da quando ci siamo ritrovati – Milo

C’è già gente davanti all’ingresso dello studio. Tutti che hanno il mio stesso difetto?

Mi hanno sempre affascinato gli ingrandimenti esposti in vetrina, che ritraggono matrimoni. Forse perché è un’esperienza che non vivrò mai.

Mai avuto storie serie.

Per quanto riguarda la fotografia, preferisco le notturne. Quelle che devi aspettare minuti, per catturare la luce giusta.

– Ciao, Milo!

– Ehi, Daniele, ci siamo tutti? – chiedo, con la speranza che lui dica stiamo aspettando Federica.

C’è Sergio, che sta mostrando la sua fotocamera nuova a un altro ragazzo, ma al momento mi sfugge il suo nome. Ovviamente in tuta dell’esercito.

Ci contiamo.

Un refolo di vento mi fa indugiare, mentre gli altri entrano. Sento arrivare di corsa qualcuno.

Mi volto. È Fede. Ho un tuffo al cuore.

Sarà che sono ammaliato da lei, ma sta bene qualunque cosa indossi. Anche un paio di leggings da corsa lilla, come stasera, sotto la giacca a vento bianca. Le piace evidenziare il suo profilo migliore. Ha la bocca di Julia Roberts, i capelli sono raccolti in una coda di cavallo, legati da un elastico in tinta con i pantaloni.

Da quando ci siamo ritrovati non mi ha preso troppo sul serio.

Bacia Daniele sulla bocca.

– Ci sono anch’io! – dice, tutta contenta. Anche gli altri lo sono.

Io un po’ meno.

Da quando ci siamo ritrovati – Cassie

Abdico al mio piano di rinchiudermi presto nella mia stanzetta.

– Vedrai quanti adoni ti gireranno attorno! – prevede speranzosa Greta, con il suo accento snob.

Intanto si tira come se andasse al ballo delle debuttanti.

Ci rimettiamo in marcia. Scendono ancora microscopici fiocchi. Svaniscono non appena si posano sul vetro.

Greta mi guarda come se si guardasse nello specchio. Gli occhi sembrano più orientali, le labbra appaiono più pronunciate. Io al massimo mi metto qualcosa sul viso, giusto per non sembrare un cadavere. Mi sfugge una risatina mentre ci penso. Cris ne è attratta.

– Che c’è da ridere?

Lascio fluire la risatina, finché si esaurisce naturalmente. – Così…

Mi sorride, sento già una buona intesa con lei, sarà per il modo nel quale mi ha accolto.

– Siete compagne di corso, tu e Greta? Non vi avevo mai viste in facoltà.

Greta annuisce, ma è ancora indaffarata nel farsi più bella.

– Siamo al terzo anno di economia. Come la sorella di Saverio. È così che abbiamo conosciuto lui. E tu?

– Letteratura.

– Per questo non ci vediamo. La nostra facoltà ha un ingresso diverso, in un’altra ala del complesso.

– Poi mia sorella è rimasta incinta, – interviene Saverio. Lo dice con tono saccente, come a dire che stupida che è stata a restarci. Ho il sospetto che lui sia allergico a certi sentimenti.

– Quando avrà il bambino?

– Il termine è il 20 di febbraio, – risponde, come se non vedesse l’ora di sbarazzarsi di un problema suo. – Secondo me è stato quel professore di… come si chiama, ragazze?

– Non dire sciocchezze, Saverio. È tua sorella! – lo sgrida Cris.

– Dai, tutti sanno che ci prova con le studentesse!

Sarei curiosa di sapere perché ha detto così, ma non lo chiedo. Meglio evitare di tirarsi addosso sguardi indagatori.

L’auto svolta nel portone di un parcheggio a più piani. Saverio abbassa il vetro per prendere il ticket.

Avevo bisogno di uno schiaffo d’aria fredda. Mi farà svegliare.

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